martedì, maggio 30, 2006

Al vino

Nel metallo di Omero già risplende il tuo nome,
Nero vino che fai lieto il cuore dell'uomo.

Son secoli che passi dall'una all'altra mano,
Che colmi il vaso greco e il corno del germano.

Dall'aurora dei tempi, alle generazioni
Hai dato per viatico con il fuoco i leoni.

Presso l'antico fiume fatto di notti e giorni
Fluisce il tuo, acclamato dalla lieta amicizia,

Vino che quale Eufrate patriarcale e profondo
Scorri lungo il cammino della storia del mondo.

Nel tuo vivo cristallo i nostri occhi han visto
Un'accesa metafora in cui sanguina Cristo.

Nelle estatiche strofe del poeta sufista
Tu sei la scimitarra, sei la rosa e il rubino.

Altri bevano nel tuo Lete il triste oblio;
Io cerco in te il fervore, la gioia condivisa.

Sesamo grazie al quale antiche notti apro
E nella dura tenebra regalo e candelabro,

Vino del mutuo amore o della rossa ira,
Farò ricorso a te un giorno. Così sia.

Jeorge Luis Borges

domenica, maggio 28, 2006

Il Codice che Vince

Non ho letto il Codice da Vinci.
E non lo leggerò.
Non ho nemmeno visto il film.
E, con molta probabilità, non lo vedrò.
Questo pacchetto di informazioni potrebbe suscitare la reazione “ecchisenfrega?”, anzi, dovrebbe suscitare una reazione di questo tipo! Invece no. In molti casi, la reazione è diversa. E’ un misto di stupore e di incomprensione, qualcosa di simile a un “ma perché devi sempre cercare di dimostrarti diverso?”.
Mi sia concesso allora di spiegare (mi è concesso sì, è mio il blog!).


Non sopporto il CdV per due ragioni.
La prima è che si tratta di un fenomeno di massa, nel quale la lettura del libro (e la visione del film) sono stati indotti da un enorme investimento pubblicitario. Dice, ecco lo vedi che vuoi fare lo snob! Può anche essere, trovo ugualmente curioso che non venga giudicato altrettanto snob chi, per esempio, non ha mai letto Il nome della rosa o non ha mai visto il film. La differenza nasce nel momento stesso in cui si forma la domanda. Che per un libro normale sarebbe un’ipotetica: “Hai mai letto La montagna incantata?”. Per il capolavoro di Dan Brown invece contiene già una stilla di stupore: “Non hai letto il Codice da Vinci?”
Potremmo fare la stessa cosa con tutti i libri. Ve lo immaginate? Hai letto Sotto il culo della rana di Tibor Fisher? No? E come mai non l’hai letto?

Dicevo in capo (o “al carissimi amici” come mi ha suggerito un tale mangiaconfetti), che le ragioni sono due. La seconda ha a che vedere con l’imbroglio che sta dietro al Codice e all’imponente battage mediatico che lo accompagna.
Eeeeeeh, ma lo sanno tutti che è una storia di fantasia!
A parte che no, non lo sanno proprio tutti. E’ comunque solare che il gioco sta nell’insinuare il dubbio, il fascino di tutto l’ambaradan sta nella possibilità che ci sia una chiave di lettura nuova degli ultimi 2000 anni di storia.
Non dite di no, non vi credo. Non è il thriller che vi ha intrigati e spinti a leggere ‘sto mattone. Che se così fosse, ho una dritta per voi, L.A. Confidential e passa la paura, un capolavoro. “E’ l’idea paranoica di una verità nascosta fin dalla notte dei tempi da potenti stirpi di congiurati, il credo scientifico alternativo in un governo mondiale con codici che spetterebbe decifrare ad alcuni iniziati” (Bernard-Henry Lévy, Corriere della Sera 24/5/2006). Il contenuto di questa storia, quello che lascia passare da sotto la porta, è profondamente offensivo, anche se inventato. Non ho mai avuto simpatica per quei massoni dell’Opus Dei. “Ma ricordiamoci che le parole hanno una storia e che dietro a queste parole, cioè dietro al fantasma di una confraternita di monaci mafiosi e assassini che non avevano altro obiettivo se non di sfruttare sistematicamente l’universo, c’è un peso di delirio e di crimine che evoca ricordi paurosi e contro il quale non è inutile mettere in guardia il pubblico” (Bernard, quello di prima).

Questo non significa ovviamente che ci sia qualcosa di male a leggere ‘sto cazzo di libro. Credo fermamente nel diritto di leggere un po’ quel che a ognuno più aggrada (vedi Daniel Pennac, Come un Romanzo). Difendo solo il mio diritto a non leggerlo, non fumarlo, non considerarlo e non entrare in nessuna conversazione che lo riguardi.

Il Codice di Benni

m.

giovedì, maggio 25, 2006

Franzoso fastidioso


Nell’ultimo periodo mi capita una cosa strana, chiedo se succede la stessa cosa anche a voi.
Arrivo a casa, sono stanco, mi spiaccico sul divano sperando di trovare del basket in TV (questo a voi non capita, lo so, ma non ha importanza, non è il punto). L’occhio è a mezz’asta, non presto grande attenzione a quello che la piccola sorella mi propina, quand’ecco, mi ritrovo un tizio con la barba e l’aria truce che sembra avere qualcosa di importante da dire.
Immediatamente ridestato, cerco di capire che cazzo vuole ‘sto tizio che porta chiaramente malissimo i suoi anni. Tanto per cominciare mi chiama fratello e già non è che mi stia benissimo. Mi giro verso mio fratello e gli chiedo: “Glielo hai detto tu che siamo fratelli?” (questa è una gran bella citazione, vediamo chi la piglia). Lui nega con un cenno del capo. Se ne deduce che l’alcolista in TV ritiene di avere un qualche legame di sangue con me. Ciccio, io francesi non ne ho mai bazzicati, perciò fratello ci chiami qualcun’altro.
Scopro presto che il “fratello” è ancora niente! Non solo si prende della confidenza, il galletto arrogante e sovrappeso, ritiene anche di avere qualcosa da insegnarmi. Farfuglia qualcosa sul cuore (e si batte la mano sul cuore, bravissimo!), non crescere mai, joga bonito (Eeeh? Ma come cazzo parli?), il tutto con la faccia saccente di chi ti sta spiegando il senso della vita.
Aspetta, aspetta... Questo sgrida anche! Quelli che perdono tempo, quelli che tirano le maglie, quelli che giocano violento. Cioè, quest’uomo chiaramente rovinato dalla vita, famoso per avere preso a calci in faccia un tifoso, mi viene a fare la predica contro il gioco violento? A me? Un franzoso puzzolente, con una barbaccia lurida e una buzza da far invidia al Toro fa la predica a me?

A Cantona, ma vaffanculo, va! (e jogaci tu bonito, che io faccio quel che mi pare)

And the winner is...



Chiudo ufficialmente la votazione.
16 i votanti, tra questi l'88% si è schierato a favore del blog. Solo due i voti a favore del servizio email.
Non ho fatto i conti sul livello di diffusione di questo indirizzo. Diciamo che 16 è un numero onesto, che va ponderato, bilanciando gli amici che non navigano (maledetti) con eventuali navigatori di blog che io non conosco.
In generale, e facendo un paragone con altri blog, direi che i visitatori si distinguono per una scarsa interattività. Che potrebbe dipendere dal tipo di argomenti trattati.
Vabbé, non ha importanza, questo mi consente di parlare di ciò che più mi aggrada senza curarmi troppo dell'audience. Perché, sia chiaro, non accetterò reclami fuori sede (vero HillAngel?), chi ha qualcosa da dire dovrà dare una bella spolverata ai polpastrelli e digitare il proprio sdegno.
Ho un contatto da Barca, ma sia mai che il procione fetido si faccia vivo (potrebbe essere un buon sistema per diffondere notizie dell'amico migrante).
Da adesso adotterò questo carattere per i normali deliri, il courier (che tanto amo) tornerà invece buono per il prossimo racconto (avrò qualche altro racconto, prima o poi).
State benone,
m.

martedì, maggio 23, 2006

votaantoniovotaantoniovotaantonio


Ho bisogno del tuo voto!
Per capire se ci sono preferenze rispetto al modo in cui diffondo le mie vaccate. Può essere tu preferissi il mio servizio email. Oppure potresti preferire il blog.
Sta a te decidere, ora. Se hai qualcosa da aggiungere, ci sono i soliti comments.

Quale versione di delirio preferite?
Il blog, così se mi va leggo, se non mi va no.
Il blog, mi permette di commentare.
Le email, era più divertente ricevere posta.
Le email, perché tanto le cancellavo tutte.
Nessuna delle due, mollaci.
  
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giovedì, maggio 18, 2006

Vita bassa

O lettore di poche parole, spero di non averti stancato con una storia tanto noiosa. Da oggi si cambia registro e si cambiano gli argomenti. Si comincia con argomenti profondi e un po' seriosi.

Ho avuto modo di riflettere a lungo a proposito di un fenomeno che trovo eccezionale a dire poco.
Si tratta di un cambiamento radicale del modo di vivere che accomuna sostanzialmente tutta la popolazione femminile esistente. E la cosa è notevole. Se ci pensate bene è il sogno comuista che si avvera. L'uguaglianza sostanziale raggiunta.
Tutto questo grazie al pantalone a vita bassa.
Lo portano tutte. Fanciulle rotondette e basse, bambine magrissime e senza culo, signore di 50 anni, veri e propri ippopotami da spiaggia. Tutte portano i pantaloni a vita talmente bassa da dover innagurare un nuovo tipo di depilazione inguinale. Inevitabilmente diventano di gran moda le mutande a vita bassa o, in alternativa, le mutande a vita alta ma in gran vista (da qui l'eterno dubbio: è più volgare che si veda il filo di perizoma o il solco del sedere?).
Esistono ovviamente due scuole di pensiero su come si porta la vita bassa:
a) Modello me ne fotto: la fanciulla mostra abbondanti porzioni di chiappe, incurante delle reazioni altrui.
b) Modello passo la giornata a tirarmi su le braghe: la fanciulla acquista un movimento meccanico, costante, per il quale è costretta, ogni 23 secondi circa, a tirare su i pantaloni. L'atro gesto obbligatorio è quello dell'occhiata torva alle proprie spalle (del tipo: "cazzo mi guardi il culo!").

Ma torniamo al tema centrale della discussione, la pressoché totale diffusione di questo indumento. Non aveva raggiunto tali livelli la minigonna, per dire, che molte donne non hanno praticamente mai portato perché poco sicure delle proprie gambe (a volte a ragione, a volte no). La vita bassa invece è di tutte. Nessuna sembra curarsi troppo dello splendore delle proprie chiappe. Lo trovo un grande passo avanti nell'emancipazione femminile. E un grande passo avanti per l'umanità.
m.

martedì, maggio 16, 2006

Barcellona - Appendice

Oilalà, amico lettore! Sono ancora qui. Ti avevo riconosciuto doti di pazienza e sopportazione. Credo ne abuserò ancora una volta.


Per giudicare i sei viaggiatori devo approfondire prima un concetto appena accennato nei ringraziamenti dell’epilogo. Non è che, luogo di nascita a parte, i pellegrini avessero grandi cose in comune. Per capirci meglio, sei donne con interessi tanto diversi, non sarebbero nemmeno arrivate all’aeroporto di Venezia senza essersi mandate una dozzina di maledizioni a testa (incrociate, sparlando di ognuna con le altre cinque, a rotazione). [sarà la volta che riesco a creare un bel flame nei commenti?]
Insomma, un bel voto andrebbe a tutta la balotta che si è sopportata e, nel complesso, adattata alle esigenze e ai gusti altrui. Ma, come tu ben sai (e per rispondere anche a quel Buttiglione di merda), quando tutto va bene la storia non è interessante. Perciò mi inventerò molto. Se sei uno dei protagonisti, non offenderti. Terminata l’ora dei reciproci pompini, passiamo alle cose serie:

Il presidente: Eeeeeeeeeh, gran brutta prova del pres di noartri. Parte malissimo, prima si droga (doping, arbitro! Questo è doping!) poi finge l’infortunio e chiede il cambio. Correggere una gara cominciata tanto male è dura davvero. Ci prova con la consueta eleganza (il più bolognese di tutti i bolognesi in vacanza: polo, braghino corto, airmax bianca) e con spunti di classe. Resta un giocatore di fioretto, poco adatto alla lunga bevuta (lo vedremo mai ribaltato sul serio?). Denilson.

Da Big Dog: Piace molto la tenuta da sbirro di los angeles (hai presente quei pirla che inseguono pericolozizzimi criminali in bici?), batte ogni record esistente di paglie fumate al secondo (record precedente di Sandro Ciotti) e di paglie fumate in giornata (record precedente di Krusty (non, il klown)). Diciamolo, non ha più il fisico di un tempo, però resta affidabile e continuo. Non dice mai di no a una birra e l’ultima sera è l’ultimo a uscire dalla disco, insieme agli autoctoni. Davids.

Fdg: Ahahahahahah. Stiamo parlando di uno che è riuscito a prendere 150 iuros di multa perché pisciava contro una palma alle 5 del mattino! Capite anche voi che risulta assai complesso valutare la sua prova senza ridere. Tra l’altro ha aggiunto alla beffa della multa oscure minacce su quello che ci avrebbe fatto a loro (gli sbirri, suppongo, ma non ho mica capito) una volta tornato in Italia. Suvvia, mi faccia un piacere. Se a questo episodio si aggiunge il presunto furto di 10 euro da parte del figotto (rivelatosi falso) e gli insulti al ginecologo reo di averlo svegliato (sì, però lui aveva fatto risuonare la mucca fino a due minuti prima), si ha l’immagine di un giocatore che sarebbe pure bravino ma che è sempre per terra a frignare con l’arbitro. Inzaghi (o Nedved).

Toro: Sereno come pochi ha un singolo obiettivo. Bere. Lo persegue con costanza. Giocatore esperto, non insegue la partita ma aspetta sia la partita a venire a lui. La partita viene effettivamente a lui sotto forma di cassa costante durata 96 ore. Non lo definirei un trascinatore ma se ti capitasse di pensare “corbezzoli (mi hanno sgridato perché scrivo parolacce), avrei voglia di ordinare qualcosa da bere ma da solo mi viene tristezza”, lui è il tuo uomo (o il tuo bovino). Emerson.

Renzo: Brilla subito con un paio di impuntate che gettano nel panico il resto della squadra e rischiano di spaccare lo spogliatoio (e un po’ anche i coglioni). In realtà resteranno casi isolati. Viene letteralmente buttato fuori dalla sua zona di campo (la cucina) da un panchinaro pescato nelle serie minori che tutti pensavano essere l’autista del tram. Lui accusa il colpo con discreto stile e si mette, volenteroso, al servizio del nuovo king. Detronizzazione che sarebbe passata anche in modo indolore se non fosse stato per il Presidente che, calboni come pochi, lo sputtana facendo sperticati complimenti al Ciofanni (con stretta di mano, con stretta di mano!). Luther Blisset.

Il sesto viaggiatore: per fare una pagella potrei scegliere due strade. La prima, quella di parlare bene di me stesso. Tristissima. La seconda, quella di parlare male di me stesso. Fintissima. Non vi resta che provvedere.

m.

lunedì, maggio 15, 2006

Gaudeamus

Laureato nel 2003, dopo mesi e mesi di prove, stage, attese, corsi, formazione e sti gran cazzi, posso dire ufficialmente di avere un lavoro retribuito.
Che non comincerò immediatamente ma che c'è.
Chi mi conosce lo sa (cit.) e può capire una parte del mio stato d'animo. Che è di grande sollievo.
m.


Informazioni di servizio
Facciamo che devo al lettore affezionato un appendice al racconto catalano (sfrutterò a mani basse notizie fresche giunte da Barca).
Invito ancora a lasciare più tracce del vostro passaggio su queste pagine. Aiuta me a direzionare il timone delle mie cazzate e, soprattutto, rende la cosa più divertente. Molti (si fa per dire) mi hanno detto di aver letto, ma mai hanno scritto (vero Procione!).
Ecco, se poi si potessero evitare gli anonimi... Firmatevi come vi pare, sotomayor, luciano moggi, ivan pedrosa o giorgio seragnoli. Non mi interessa. Però firmatevi.

mercoledì, maggio 10, 2006

Barcellona - Epilogo

Sei stato paziente lettore, te ne do atto. O forse paziente non lo sei stato affatto e già da qualche capitolo mi hai abbandonato. In tal caso parlerò a me stesso. So essere un interlocutore eccezionale. L’unico problema è che non sono quasi mai d’accordo con quello che dico.
Ma sono problemi miei.

Chiudo questo racconto di viaggio con una sorta di pagellone, a descrivere alcuni elementi che si sono distinti in questa vacanza.

I miei rispetti.


I relitti: Sono tutta una serie di personaggi che abbiamo conosciuto a Barca. Una svalangata di italiani (sì, proprio quelli che la Gran Coppia odia con tanto ardore) che si è arenata a Barca perché in Italia non poteva esprimere il proprio talento. Esponenti di una vera e propria fuga di cervelli, oggi arricchiscono la più felice Spagna con le loro mille abilità. Principe assoluto credo si possa eleggere il Paolone, strano tizio che abbiamo trovato arenato sulla spiaggia di Barcelloneta e abbiamo poi incontrato una seconda volta al Manchester (“Oh, regaz, avete una siga?” “Prendi pure” “Oh, poi te ne restano due” “Le comprerò, c’è un distributore dentro al locale”. Udita la risposta il Paolone decide che le due rimaste le può pure fumare). Voto 5.

Ciofanni: Considerata la capacità in cucina non è possibile inserirlo tra i relitti. Voto 6,5.

Donne di Barca: Le donne che si aggirano per Bologna la turrita le prendono, le rivoltano come calzini e ci passano pure sopra una mano di asfalto. Non c’è paragone per qualità, varietà e forse nemmeno quantità. Voto 4, saremo mica abituati bene?

Scatolina che fa muuuuuu: Must dal quale non mi sento di poter più prescindere. Un muggito costante che ha accompagnato ogni sosta dal bere e anche qualche bevuta. Indispensabile. Voto 8.

Il ginecologo: Piacente (ussy, ti prego, non farti sempre riconoscere!), ha stretto la mano ai viaggiatori più volte di quante abbia aperto bocca e meno di quante abbia trombato. Palato non propriamente finissimo (ogni buco fa brodo cit.), igiene di basso livello ma più che sufficiente per la Spagna. Si aggira con un mano sul fianco per la casa, come un vero attore porno(l’unione di ginecologo e scatola che fa muuuu porta alla nuova gag del Procione che imita un attore porno al grido di Oooooh Yeaaaah). Voto 8 (di stima).

La casa: praticamente una nave senza oblò. Hai presente? Un lungo corridoio con le porte delle cabine su un lato. Cabine claustrofobiche e mai areate. E nemmeno una cazzo di finestra. Oh, grande popolo, sia chiaro, però alla finestra sono arrivati qualche millennio fa, subito dopo il fuoco e, credo, prima della ruota! Voto 3 (tre voti in più perché ha ospitato i mangiafriggione).

Special thanks to:
Ringrazio le due bestie che ci hanno ospitato e che ci hanno accompagnato in questa vacanza. Hanno preso giorni di ferie e hanno finto benissimo che noi fossimo ospiti graditi. Ringrazio ginecologo argentino e venesiana (più la venesiana, va!) che hanno sopportato la presenza di sei bisonti accampati in casa. Ringrazio i miei compagni di viaggio che sopportano le mie innumerevoli storie e lune. Non è roba da poco che gente tanto diversa riesca a viaggiare insieme (certo, abbiamo zia birra che ci unisce). Ringrazio anche Ciofanni che ci ha cucinato una gran cena. Non ringrazio la guardia municipal che ha fatto la multa al fdg.

m.

domenica, maggio 07, 2006

Barcellona - Terzo Giorno

Come farò?
Come farò a mantenere tutte le promesse? Come farò a raccontarti qualcosa che uno dei sei pirla non ti abbia già raccontato sei volte? Tante cose da dire e così poco tempo.
Bentornato al Gran Ballo, gentile ospite.


La mattina del terzo giorno si apre con una raffica di frasi lapidarie del Toro (cagnone, toro, procione... nella vecchia fattoria iaiaoh).
"Oggi si vede chi ha veramente le palle."
"Comunque ieri non abbiamo bevuto tanto."
"Ah, siamo stati veramente in discoteca?"

Credo queste tre frasi possano spiegare molto della serata precedente (dell’astice, non so perché, ho il sospetto ti abbiano già detto). Forse, per farti capire meglio, posso aggiungere che durante la cena tutta la tavolata aveva cantato a gran voce Bella Ciao. Se conosci un paio degli animali del serraglio sopra descritto, capisci anche quale potesse essere il tasso alcolico (prima che si affretti a scrivere un orgoglione commento, preciso che il Presidente è stato l’unico a non cantare. Contento?).
Ma ti narravo il terzo giorno e son finito a blaterare del sabato. E fu Domenica. E nessuno si riposò perché ancora troppo alcol avevano da ingollare i felsinei in trasferta (non ho mai conosciuto gente che facesse del bere una missione come questa gentaglia).
Presto che è tardi, tutti a mangiare che i due barcellonzi (barcellonesi stronzi, neologismo, diritti depositati) ci portano nell’ennesimo localino di loro conoscenza. E badate bene, la bazza è dietro l’angolo per i furbi italioti che scovano un localino incredibile che immagino conoscano solo i barcanati da generazioni! Se vi capita, mi sento di consigliarlo anche a te. Si trova attaccato a una grande chiesa che qualcuno chiama Cattedrale, ha tutti i tavolini fuori è un bel menù in inglese esposto all’ingresso. Menù che cerca disperatamente di avvertirti! Io l’ho sentito, te lo giuro! “Che cazzo fai, mona (il menù è veneto, non so perché), non vedi che un panino al prosciutto costa 8,5 euro?”.
Vabbé. Stendiamo un velo pietoso.

Nel pomeriggio un gruppo passa allo shopping, un altro si dà alla cultura. Ci si rivede a sera ma ci si divide nuovamente perché un gruppetto mangia africano un altro teme per la propria incolumità e passa oltre. Il dopo cena è il classico birra blabla paglia birra blabla e via andare, avete capito. Si passa alla disco supertecno e il figlio di un giudice (fdg) fa in tempo a incazzarsi perché vuol fare il gentile col figotto e si ritrova a girare per il locale con due cocktail in mano. Se conosci fdg te lo puoi immaginare: fuma nervoso, sbattacchia cose e maledice il giorno in cui è stato gentile. Pensa anche di essere stato derubato, poi fa due conti e l’adrenalina torna sotto i livelli di guardia. Per poco...
Usciamo dalla discounz, passeggiamo ebbri fino a quando l’fdg decide di pisciare contro una palma di un hotel. Buup-buup. Due volanti, sbirri a fiumi, verbalino e pure qualche presa per il culo. E l’fdg è la persona più adatta a incassare. Aaaaah sì, bravino forte. Vi tramando solo la mitica frase: “Ma questo non era il paese della libertà!”, unito a un “bravissimi!” rivolto agli sbirri.
Nonostante tutto si arriva a casa. Dove gli eroici trovano due aggiuntine rispetto allo standard di abitanti della casa, uno prevedibile, l’altro meno:
a) Ennesima paziente del ginecologo argentino. Professionista abile e indefesso, anche questa sera l’argentino si è portato a casa del lavoro. Chiude la porta dell’ambulatorio, opera e caccia a calci la paziente.
b) Il figotto no, non l’avevo considerato. Fuga generale e fine della storia.
Anche questa volta mi sono dilungato. Però, tranquillo, la prossima è l’ultima.

m.

giovedì, maggio 04, 2006

Barcellona - Secondo Giorno

Eh già. Dovrei proseguire il racconto di cotanto viaggio. Però... Però mi sorge il dubbio che qualcuno ti abbia già raccontato tutto. E se tra le tue frequentazioni c’è chi penso io, nemmeno una volta sola. Allora cambierò stile. E per questo secondo giorno cercherò di raccontare solo alcuni aspetti, quelli più intriganti. E incomincerò dal più classico. Le donne.

Seguimi, lettore! Solo me, segui. E io ti mostrerò le donne di Barca.


I viaggiatori eran partiti con poche certezze su quanto avrebbero trovato in terra catalana. Tra queste, una su tutte: là, c’è la provvidenza, là c’è un sacco di gnocca. Tale consapevolezza derivava dai numerosi racconti che i due mentecatti (le bestie, i disadattati, rammenti?) avevano importato in quel del Bolo. Si ricordano in particolare queste parole dell’ungulato fetido: “Quando mi verranno a trovare i miei amici, chi gli presenterò? Gli presenterò solo donne, conosco solo donne! Iahahahahahahah”.

Bene.
Anzi, male.

Perché donne i nostri eroi fatte nessuna, viste pochine.
E come mai, chiederai tu.
E che diavolo ne so, chiedilo a loro, io sono qui a raccontare.
Certo, mentre racconto già sento brusii da fondo sala. Gli scopatori da tastiera sono carichi come molle e lanciano anatemi, li posso sentire, è come se fossero qui vicino a me (“Froci, io avrei scopato questo, mi sarei fatto fare quell’altro, che gran sfigati sono, froci...”). Ma non mi sento di condannare i mangiatortellini in trasferta. Tutto sommato non rammento grandi occasioni e non rammento soggetti di particolare interesse. Molti fra loro poi non potrebbero mai tradire le loro amate (che tra le altre cose è facile leggano queste righe [midovete50euroatestaperquestaleccata]).


Ma non ci saranno solo colpe dei viaggiatori! Parliamo anche degli ospiti e delle loro belle promesse. Esiste la possibilità che il nostro amico Procione abbia tenute nascoste le sue donne per non suscitare invidia, mi resta però il sospetto che non batta tutti quei chiodi millantati a distanza. Ma veniamo al dunque. Chi sono queste donne?

- Veneziana coinquilina: fanciulla gradevole, allegra e carina assai. Fin qui tutto bene. Farei notare però a tutti voi che Venezia è in Italia. Cioè, questi ce la menano tanto sulla spagna, che schifo le donne italiane che non la danno mai, in spagna sì che si sta bene e poi? E poi la migliore che ci presentano è italiana!!! (e, giustamente, immagino per ripicca, non gliela dà)
- Comodino ispanico: fatto in discoteca dal Procione, una roba indescrivibile per bruttezza e insipienza. Rimarrà nella memoria il bacio con segno della vittoria in favore della macchina fotografica.
- Nana sarda: presunta gran figa, alta più o meno come Silvio, gran bel reggipoppe leopardato. Ah, ovviamente vale il discorso veneziana.
- Collega del Procione: vabbé.
- Figotto: amica galiziana di endri la quale, certo, si sarebbe pure potuta fare. Ma anche no. O forse più no. Sicuramente no. Insomma, no.
- Female Paolini: chi avevo dimenticato!(special thanks to Cagnone). La mitica cilena, una donna un mito. Si inserisce ovunque, è amica di tutti, si nutre solo di prezzemolo (ma ne rumina parecchi se tanto (o se tanta) mi dà tanto). Due maroni così, in buona sostanza.
- Sequela di matate dal ginecolo argentino: questa è un’altra storia, la racconteremo altrove.


Si è fatto tardi. Perdonerai qualche caduta di stile, amato lettore. Perdonerai anche un po’ di confusione nelle descrizioni. Sarò ben lieto di dare eventuali delucidazioni o precisazioni. Basta chiederlo, i commenti sono lì per quello.
m.

martedì, maggio 02, 2006

Barcellona - Primo Giorno

Questo è un breve (neanche troppo, breve) racconto di un viaggio. Banale se vogliamo, che a Barcellona ci vanno cani a porci, ma se tu, onesto lettore, conosci i protagonisti di questo blitz catalano potresti avere interesse ad una lettura. Io quei sei pirla li conosco abbastanza bene, per cui credo continuerò a leggere. Tu fai un po’ come cazzo ti pare, in fondo mi interessa poco.


Partenza da Venezia con il sacro terrore della barriera di Mestre. O Dio dei cieli, ci saranno ore di fila, non c’è tempo per il caffè (prima impuntata dell’Architetto, gli amici tremano), non c’è tempo per pensare, presto che è tardi! In realtà Mestre riserva ai viaggiatori un onesto rallentamento e quindi un largo anticipo sul decollo. Poco male, il Marco Polo è un aeroporto gradevole e la birra costa un paio di euro. Parte della combriccola decide di approfittare dell’occasione (e qui, gentile lettore, stupisco perché quei giovani non sono soliti bere, ne sono certo).

Sarà vero che partire è un po’ morire? Non saprei, di certo qualcuno crede ciecamente a questo detto popolare, tanto da essere terrorizzato alla sola idea di prendere l’aeroplano. I due più bassi della compagnia si imbottiscono di droghe per sopportare meglio il viaggio e qualcuno, fra loro, pagherà a caro prezzo questa scelta, non tanto più avanti, giusto qualche riga più giù.

Sbarcati a Barcellona i sei fanno la conoscenza degli ottimi servizi di trasporto catalani. 45 minuti passano prima che quel cazzo di treno parta dalla stazione! Alla faccia delle ferrovie dello stato nostre, tanto (giustamente) vituperate (vituperate sta per mandate a fare in culo).

Ma facciamola breve e veniamo al fulcro di tutta la vacanza: l’incontro con gli amici di Barca, emigrati da Bologna fino alla capital di catalogna in cerca di fortuna e, più che altro, di figa (si può dire figa?). I due soggetti – che per comodità chiamerò d’ora in poi “disadattati” o, in alternativa, “mostri” – accolgono a braccia aperte i pellegrini stanchi e subito aprono una bottiglia di Montenegro che, concorderete con me, non può essere che l’aperitivo migliore per gente che è in viaggio da una decina di ore e non ha mangiato nulla.
Per capire l’importanza di questo incontro devi conoscere un po’ di Storia della Balotta (esame obbligatorio). Uno dei due disadattati infatti, rappresenta una specie di leggenda per i felsinei viaggiatori (non chiedermi perché, studio i fatti io, non le spugnette). Non sprecherò troppe parole per descrivere questo personaggio perché il racconto di questi giorni spagnoli parlerà per lui. Ti basti sapere che viene chiamato Procione (ed è così che lo chiamerò a mia volta) e che per quattro giorni ha sempre indossato un paio di infradito.

Ma torniamo a noi, amato lettore. Il mio orologio segna ormai l’una di notte. Via, non c’è tempo da perdere, subito in strada a gustare un ottimo kebab.

E qui è necessario un inciso. Perché partire per Barcellona, incontrarsi con gente che vive a Barcellona da un paio di anni e mangiare kebab in uno di quei kebabari con quel cazzo di omino con i baffi e cappello da cuoco in vetrina che si trovano a dozzine anche a bologna, un po’ fa ridere, oppure piangere. Fine parentesi, si prosegua ordinati e cantando.

Terminato il lauto pasto in 7 secondi e 23 decimi (non fosse stato per l’Architetto che è lento ci sarebbe stato il nuovo record olimpico di squadra, sarà per la prossima) appoggiati ad un bidone della spazzatura, i mangiamortadella si spostano al Manchester, gradevole localino dove lavora una delle due bestie (lo so, lettore, non ti avevo avvertito di questa definizione ma sono fatto così, stronzo dentro, e mi piace coglierti di sorpresa) trapiantate a Barcellona. Ed è qui che casca il primo asino. Imbottito di droghe per la trasvolata, il Presidente molla il colpo. Tutto succede in pochi minuti: prima il silenzio, poi la “boccata d’aria”, infine la resa con richiesta al Procido di andare a casa. E così, di sei che eran partiti, solo cinque rimasero a rovinarsi fegato e polmoni.
Qui parte una fase di birretta blablabla, birretta blablabla, discoteca unzunz, birretta unzunz, birretta unzunz. Vabbé, hai capito, fondamentalmente si parla di birrette. Fino a quando i ruoli si invertono e le birre cominciano a parlare. Il tutto si chiude con un rumoroso ritorno a casa e con l’avvocato A. che dorme beato in balcone (ci sono le foto, mi auguro di poterle postare presto).I viandanti si sistemano per la notte, un po’ dove trovano. Per terra (ma non in balcone) o ammassati su letti di dubbia igiene in camere che presentano l’allegra particolarità di non avere finestre.

E così si chiude il primo giorno. Ancora molto avrei da raccontare. Non ho descritto la casa e non ho presentato molti dei personaggi fiabeschi che popolano questa storia. C’è tempo, ci sono altri giorni da narrare.

Buonanotte.

m.

lunedì, maggio 01, 2006

Lega antipanda

Argomento: il panda.

Svolgimento: ha rotto il cazzo.


Perché mai, chiederà qualcuno.
Il panda è simbolo del wwf, è uno degli animali più famosi nel mondo (ovunque vada firma autografi, mi dicono), è considerato un affettuoso orsacchiotto, sta simpatico a tutti e tutti sono molto preoccupati che non si estingua.

E a questo punto tocca a me chiedervi: perché?
Inquadriamo in maniera realistica l’animale in questione. Si tratta di un grasso orso pigro che mangia solo bambù. Se sparisce il bambù lui rischia di estinguersi. Si può essere più fighetti?
“Buonaseva, vovvei, pev comincave, un antipasto di gevmogli di bambù pev me e una insalata di bambù pev la mia signova”.
“Mi dispiace mr. Panda, il bambù è finito, se vuole possiamo procurarle dell’eucalipto (tanto del koala importa sega a nessuno, nda.). Le lascerà una piacevole sensazione di alito fresco.”
“Ma è una cosa inammissibile, non mangio evbaccia io, esigo il bambù!”
“Sono desolato mr. Panda, il problema è che il bambù sta finendo in generale, non vedo come potrei procurargliene”
“E allora io mi estinguo!”

Tutti gli altri orsi suoi parenti mi pare non siano tanto rompicoglioni! E infatti sono notoriamente onnivori. Lui no, mangia il bambù e basta. E non ne mangia poco, ne mangia a sbadilate. In più sta fermo tutto il giorno (avete mai visto un panda fare la cyclette o almeno una corsetta nella foresta?) è inevitabile che finisca per pesare 400 chili. E si arriva così al secondo problema. E’ una preda facile. Anche qui, parliamone. Già hai la mobilità di un tricheco, in più come mi giri vestito in una cazzo di foresta? Di bianco e nero! Avete mai visto un grizzly bianco e nero? Perché no? Perché un cazzo di animale della foresta dovrebbe mimetizzarsi, per Diana, non fare il figo con il suo vestitino bicolor ultima moda! (tralascio ogni accostamento sportivo anche se sulla antipatia dei bianconeri nello sport ci sarebbe di che riflettere).

Per concludere, ricordo il motivo principale per cui questo grassone rischia l’estinzione. Non tromba. O meglio, tromberebbe una volta all’anno ma in cattività non si sente a suo agio per cui non tromba proprio. Ora, io capisco che una volta all’anno possa non essere una media tanto disprezzabile in alcuni casi, però, sta stronzata della cattività... C’è tutto l’ambientino figo, ti fanno il ruscelletto, mettono la musichetta tibetana, cosa vuoi ancora? Non ti piace la panda? Anche io preferirei una BMW, ma ciccio, tu sei nato panda con la panda devi andare! O mi vuoi dire che trombare nella foresta è meglio? Guarda, non mi freghi, c’ho provato e si sta decisamente più comodi in cattività.

Insomma, vaffanculo al panda, occupiamoci di qualche altra bestia che meriti la nostra tutela e attenzione.