sabato, ottobre 23, 2010

Quelli che recensiscono

Mi sono imbattuto in un blog.
Si chiama Le recensioni di Titti e, come da titolo, passa in rivista i locali di bologna e dintorni commentandone pregi e difetti.
Fin qui niente di male. Anzi, lo si trova facilmente gugolando (bella merda di neologismo, lo so) il nome di diversi locali, segnale chiaro di un buon successo del blog stesso.

Il problema - si fa per dire - è che le recensioni dello stesso blog sono terribili, mal scritte e prendono in considerazione solo gli aspetti meno interessanti per definire un bar, pub, enoteca. Che sarebbero affari suoi della blogger (casa sua, faccia quel che vuole), non fosse che il blog si autodefinisce "al servizio della verità" e che "ha il coraggio di non essere buonista".
E già una buona dose di latte ai maroni sale.
Ho cercato allora, disperatamente, una traccia di autoironia. Niente, da nessuna parte, in nessun post o risposta ai commenti si trova il minimo segnale di alleggerimento. L'intero blog altro non è che un blocco monolitico di certezze, ogni frase è una pietra inamovibile garantita dal titolo di giornalista del quale la blogger si fregia (e si rifregia, e si rifregia, e si rifregia...).

Per darvi un'idea del livello di penna:
"Care ragazze, il pulpito, non è pulpito. Intanto sono una giornalista che anche per lavoro si occupo, tra le altre cose, anche di locali di ristorazione. Secondo, dato che PAGO, ho pienamente il diritto di lamentarmi se le cose non vanno. La libertà di opinione e pensiero è espressa dalla nostra Costituzione. Come c'è una black list, c'è anche una top list." (Le recensioni di Titti, 22 marzo 2009, http://www.lerecensionidititti.com/2009/10/pane-vino-e-san-daniele-laltro-bologna.html)

Questa è la risposta a un commento critico. La seconda frase è quella che mi ha spinto a scrivere sto post, perché l'autoironia involontaria va comunque premiata. E se non è ironico vantarsi di essere giornalista con una frase che mette insieme 3/4 errori in un botto, ditemi voi cos'è ironico.

Ma mica finisce qui:
"Nel mare di buonismo che c'è in giro serve qualcuno che faccia una critica vera. Io scrivo esclusivamente di luoghi che ho frequentato (non mi permetterei mai di scrivere su luoghi non 'passati'). Per non assuefarci al decandentismo, alla mancanza di qualità in cui sta sprofondando Bologna. Dire:"Attenzione, lì è così", significa lanciare un messaggio di pressione per dire al cliente, ottieni più spessore, più qualità, meno improvvisazione. Per non cadere in una piattezza imperante, per premiare chi svolge qualcosa di meglio rispetto a chi apre un locale così senza un buon servizio.
Non dovrei svelarlo...tra le mie collaborazioni attuali scrivo per un giornale (puoi sapere a quale mi riferisco leggendo a sinistra in home page) che è essenzialmente un publiredazionale.
Questo blog è per far vedere l'altro lato della medaglia, per quello sono in incognito." (Le recensioni di Titti, 24 gennaio 2008, http://www.lerecensionidititti.com/2008/01/man-dinner-caf.html)

Anche questa è una risposta al commento di un gestore stroncato. Tralasciamo i timori per l'avvento di un movimento letterario dannunziano come il decadentismo, vogliamo parlare del messaggio di pressione? O del locale un po' così, con quella faccia un po' così?

Poi ci sarebbero anche le recensioni.
Che cominciano tutte dal punto più importante: il parcheggio. Tutte le recensioni cominciano, e in alcuni casi finiscono, con il commento sul parcheggio. Per carità, un elemento importante ma che necessiterebbe di contestualizzazione. Un locale del centro non potrà mai avere il classico "ampio parcheggio", altrimenti sarebbe l'ikea (che guarda caso non sorge mai vicino alla basilica, in nessuna città). Il blog arriva a suggerire la costruzione di un parcheggio multipiani in piazza verdi "così la riqualifichiamo" (Le recensioni di Titti, 22 marzo 2009, http://www.lerecensionidititti.com/2009/03/neaera-bologna.html). Che una distesa di auto possa riqualificare qualcosa è idea almeno opinabile.

Passato l'esame parcheggio si parla di buffet. Mangiare come porci a sbafo è un'altra componente importante. Se il buffet non viene ripetuto a ritmo, sono cazzi acidi.

A poca distanza arriva l'abbigliamento degli altri avventori. Se siete abituati a uscire in felpa e jeans, state in occhio, finite presto nella lavagna delle brutte facce che abbassano il punteggio del locale. Se poi è vostra abitudine fumare fuori dal locale, il giudizio tende peggiorare ma senza essere offensivo, per carità:
"Poi ci sono gli idioti - è decisamente una categoria - che stanno fuori al freddo a parlare per ore vicino alla porta d'ingresso. Sono la gioia dei bar, ai quali hanno venduto la bevanda senza il locale." (Le recensioni di Titti, 12 ottobre 2010, http://www.lerecensionidititti.com/2010/10/kartabianca-bologna.html)

Il numero dei clienti è un elemento delicatissimo. Se c'è poca gente il locale nasconde di sicuro qualcosa. Se è murato di gente è il classico locale modaiolo checazzocifannoquituttisticoglionisoloperfarsivedere.

In ultima, ultimissima istanza, anche una brevissima nota sul livello qualitativo di quel che si beve. O voi baristi, state attenti,perché non verrete giudicati sulla base delle vostre carte dei vini, del livello della vostra birra (nemmeno se siete birrerie) o dell'uso di frutta fresca nella preparazione dei cocktail. No, conterà la vostra capacità nel realizzare un ramatonic. Che - lo dico per voi ignoranti - altro non è che amaro ramazzotti e tonica. E si può bere ramazzotti e tonica?

ps
ho pensato per un attimo che in questo modo faccio pubblicità a alle recensioni di titti. poi ho pensato che tanto mi resta una manciata di lettori (qualitativamente parlando la meglio crema della rete, sia chiaro).

mercoledì, ottobre 06, 2010

Dialogo semivero (dove la parte falsa è facile da distinguere)

- Lascia che ti spieghi che cosa vorrei da te.
- mh.
- Mi servirebbe una proposta da parte tua, che comprenda una lista di vini.
- mh.
- Però non vini che si trovano in grande distribuzione, mi capisci?
- Certo, nessun problema.
- E nemmeno che si trovano in osteria...
- ?
- ...noi siamo un locale di un certo tipo, capisci? Non voglio che la stessa bottiglia il cliente la trovi in osteria, magari appoggiata sul tavolo così, senza nemmeno un po' di servizio.
- Perché invece qui...
- Noi abbiamo un cameriere che arriva, apre la bottiglia, la mostra al cliente e poi la serve.
- Ok, ci siamo, bottiglie un po' su, diciamo.
- Però che non siano i soliti nomi! Non quelle bottiglie da locale fighetto, comprate solo perché finiscono sulle guide con tre bicchieri, cinque stelle [ndw: grappoli, sono grappoli non stelle]. Voglio che si capisca che qui si fa della ricerca.
- Insomma volete qualche chicca, piccole aziende poco note di fascia alta.
- Mmmmh sì, di fascia alta ma senza esagerare.
- Beh, quantificami il tuo alto che mi faccio un'idea.
- Ma sai, oggi come oggi non si può comprare a prezzi alti, il mercato non è più quello di una volta, la gente non spende, poi magari vanno al mare per il weekend o si sputtanano tutto per comprare vestiti, però non bevono più vino di qualità, non si accorgono della differenza. E c'è l'etilometro [ndw: l'etilometro vale solo per il vino caro, se bevi vino di merda, nessuna paura] che ci ha uccisi! Questi ci vogliono far chiudere! Insomma, vorrei spendere il giusto, diciamo sui 5 euro a bottiglia.
- Ho capito, ho solo una domanda: pensi che io sia un testa di cazzo segaiolo?
- Cosa?
- Da che paese vieni?
- Cosa?
- Cosa è un paese che non ho mai sentito nominare, lì parlano la mia lingua?
- Co-cosa?
- La mia lingua dico, la capisci? Ti chiedo, pensi io sia un testa di cazzo segaiolo che passa le giornate a trastullarsi il piffero con indosso un pigiama e un paio di pantofole a forma di faccia di pluto?
- Cosa?
- Dì cosa un'altra volta! Dì cosa un'altra volta! Ti sfido maledettissimo figlio di puttana! Se pensi che io abbia da vendere del vino che costa un cazzo, è buono, è ricercato e nello stesso tempo non è venduto né nei supermercati, né nelle osterie e nemmeno nei locali fighetti, tu pensi evidentemente che io passi la giornata a farmi delle ricchissime pugnette e che questa sia sostanzialmente la prima volta che esco di casa a vendere, solo per il sollazzo di farmi prendere il culo da te.

Ho preso un morso del suo hamburger hawaiano, un sorso della sua dissetante bevanda e me ne sono andato. Senza nemmeno sparargli in faccia.